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Come porsi nei confronti della "realtà" ?

La realtà dipende dall'osservatore che la guarda e non ha di per sé una sua oggettività nascosta in sé che tutti possano decodificare come significato dal valore universale.
Partendo da questo assioma: che un tramonto in alcuni possa suscitare stupore per la bellezza e grandezza della vita in tutte le sue manifestazioni, in altri la sofferenza, l'abbandono, la solitudine esistenzialista ("forse perché della fatal quiete tu sei l'imago.." di Foscolo) che preludono alla morte; possiamo affermare quanto segue.
Non si può affermare nulla nei confronti di essa; se restiamo nel dualismo dell'eterna lotta del bene e del male continuiamo a girare in tondo come i due poli imperiali del TaiJi Tu. Se andiamo al cuore dell'esistenza ossia a quella coesistenza degli opposti che è l'essenza stessa di tutto ciò che esiste, ci accorgiamo che è solo dal profondo vuoto (wu wei) che si coglie intuitivamente quella linea sottile di interazione delle due forze contrapposte (un misto di piacere e sofferenza ...) che generano il mondo in continuo divenire secondo la legge suprema del Tao.
Così l'unico atteggiamento saggio nei confronti della realtà è astenersi da qualsiasi giudizio di valore o di merito perché: sarebbe come "sezionare" un uccello in due parti distine (quella buona e quella cattiva) e dire che l'una possa "volare" senza l'altra.

14/03/2009 a cura di mArco Caporale

Tiziana D'Andrea

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